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La tesi ripercorre le tappe del concetto difuror a partire dall'antichità sino al momento di massima maturazione della critica e del dibattito teorico intorno alla questione della ispirazione dell'opera artistica, cioè il Rinascimento.
Il problema dell'origine del fare artistico si lega, da Piatone in poi, a una domanda che tutti coloro i quali si sono occupati di arte - filosofi poeti etc. non hanno potuto evitare di porsi: «Da dove proviene l'arte? È un dono divino o un frutto della tecnica elaborata dall'uomo?». Molto presto si sviluppa una dicotomia che contrappone due principi: il primo, etico-spirituale, concepisce l'ispirazione come una capacità proveniente dall'esterno, una estasi divina: rapito dalla divinità e in stretto contatto con la Verità, il poeta -e l'artista in generale - riproduce il contenuto della visione, senza aver bisogno di quelle capacità artistiche che nascono dallo studio e dalla pratica; il secondo, tecnico-normativo, vede l'arte come una capacità che l'uomo può sviluppare solo a costo di grandi sacrifici, di studi profondi, di conoscenze vaste che spaziano dalla grammatica alla filosofia; raffinate dalla consuetudine e dalla pratica, queste conoscenze generano il prodotto artistico in modo del tutto autonomo e senza bisogno di interventi sovrannaturali o divini.
Da questa contrapposizione iniziale (che è la contrapposizione Platone-Aristotele) si sviluppano numerosi rami secondari, che si estendono nel tempo e nelle culture entrando in contatto con elementi nuovi: l'idea di furor come forza superiore che agita la mente del poeta si avvia in un primo momento verso la strada della retorica e della poetica grazie all'incontro della cultura greca con quella romana. Cicerone, Orazio, Quintiliano elaborano teorie sistematiche ed organiche in cui trovano posto sia le riflessioni legate alla grammatica e agli aspetti più normativi delle discipline fondate sull'uso della parola, sia altre considerazioni di natura più filosofico-religiosa, che ripescano le antiche valenze misteriche delle religioni e delle filosofie più antiche. Tutto questo viene trasmesso alla cultura cristiana, la religione della Parola ispirata per eccellenza, che trasporta sul piano metafisico della Rivelazione la spinta teoretica delle precedenti discussioni. Schiacciato sul significato che assume in questo contesto, il concetto difuror viene privato degli aspetti riconducibili alla dimensione patologica della follia dell'ispirato tema questo che risaliva appunto ai riti delle religioni arcaiche - ; in tal modo quella dicotomia di partenza, che poneva da una parte l'entusiasmo estatico del posseduto e dall'altra il rigore concettuale dell'artista «tecnico», assume con la svolta del Cristianesimo più vaste implicazioni di natura morale ed etica, e la scelta è adesso tra un'opera che va nella direzione mostrata da Dio per mezzo della Bibbia (le Sacre Scritture sono infatti parola di Dio, e Gesù è detto Verbum), e un'opera che non rispetti tale missione (come la cultura pagana). Nei primi secoli della cristianità la poesia è pressoché interamente sottomessa agli scopi della religione, perché le uniche scritture di cui sia ammessa la ispirazione divina sono quelle Sacre. Bisognerà attendere i primi nuovi fermenti dei secoli XI-XII perché il furor si rimetta in moto come principio artistico a se stante. I poeti provenzali, con la sovrapposizione del culto mariano a quello della donna nobile e, più in generale, con la rìsemantizzazione dell'ampia letteratura cristiana (che vede in san Bernardo il campione del fervor ) nei termini di una letteratura di corte, operano quell'aggancio tra la poesia e la religione che determina l'attribuzione all'arte per così dire «umana» dei connotati tipici dell'agire morale. Il furor diviene a questa altezza principio etico e artistico, e la purificazione dello spirito produce lo splendore dell'arte. Dante non avrà dubbi a proposito della domanda da cui siamo partiti: l'arte non è nulla senza la presenza di Dio e senza rettitudine morale; ma all'interno di questa rettitudine include anche lo studio e la lunga fatica dell'imparare le regole, non distinguendo così in modo netto tra «arte tecnica» (che è mestiere) e «arte etica» (che è percorso spirituale). Con Dante, prima, e con Petrarca, poi, la poesia si sovrappone definitivamente all'amore per la donna, che diviene simbolo dell'amore per Dio, e l'ispirazione del poeta è assolutamente quella proveniente dal fervore amoroso. Lungo questa direzione ci si muoverà fino al Quattrocento, quando la riscoperta dei testi greci di Piatone e il rinnovato interesse filosofico per la questione riporterà il dibattito più sul piano teorico che poetico.
Marsilio Ficino è il maggior teorico dell'entusiasmo, la cui definizione e trattazione egli attinge a piene mani dal Fedro e dallo Ione. Ma tutto il cenacolo fiorentino che si muove nella Firenze di fine secolo - dallo stesso Lorenzo, a Pico della Mirandola, a Poliziano - è fortemente attratto da questa aura esoterica ed antica, e impronta il proprio gusto a quello del traduttore dell'opera omnia di Piatone. Con costoro, il furor, da nozione mobile e difficilmente definibile che era stata fino a quel punto, si stabilizza, e si cristallizza in formule ricorrenti e con poche sfumature, sino a sfociare nelle definizioni rigide e convenzionali delle poetiche e dei trattati teorici del Rinascimento, dove esso ritorna ad essere uno dei due poli della contrapposizione originaria, quella tra platonismo ed aristotelismo.
The dissertation goes through the different meanings offuror as from antiquity to the moment of highest critical maturity on the problem of poetic inspiration: the Renaissance.
The problem of poetry's origin, starting from Plato, is strictly linked to a question that everyone who was interested in art - philosophers, poets, etc. never could avoid: «What's the art due to? Is it a God's gift or is it due to human rules?». Very early in the history of this problem we can find a dichotomy: one principle is ethical and spiritual; inspiration is something coming from outside, a divine ecstasy (furor or enthousiasmbs): ravished by God and in touch with Truth, the poet tells about this vision, without needing the artistical skills produced by study and practice; the second is instead a prescriptive principle, according to which art is a skill that grows only at the cost of great sacrifices and a big knowledge (from grammar to philosophy); refined by practice and usage, these skills give birth to artistic product autonomously and without divine intervention.
From this original opposition (Plato VS Aristotle) derives a lot of secondary branches, extending themselves through the time and the different cultures; the idea of furor as a superior strenght shaking poet's mind, initially goes into the rhetoric field thanks to the meeting between roman and greek culture. Cicero, Horace and Quintilian create an elaborate structure and systematic theories inside which grammar, philosophy and religion can find a place, enhancing the value of the ancient substratum of furor and turning it in a grammatical category.
The Christian culture receives this heritage and transport it on the metaphisical plane of Revelation, because Christianity is par excellence the religion of inspired Word. But in this context, furor loses his irrational and pathological aspects (for exemple, the priest's madness) - that was a theme dated back to archaic rites -; in this way, the starting dichotomy becomes something different: the choice is now between a work that goes in the direction showed by God in the Bible (the Holy Scriptures are God's word and Jesus is called Verbum), and a work that doesn't respect this mission (like the pagan culture). The only madness admitted is the holy madness, the divine fervor.
In the first centuries of Christianity, poetry is almost submitted to religion's purpose; we have to wait until the XI-XII century so that furor restarts its way to poetry. Provencal poets place the Marian veneration on the noblewoman one and, more generally, they make a new semantization of Christian literature (with thefervor symbol, S. Bernardus) in the terms of a court literature, linking poetry and religion and attributing to art the characteristics of moral behaviour. Furor becomes at this point an ethic and artistic principle, and there is no art without spirit's purification.
Dante will have no doubt about this: art is nothing without God and rectitude; but in this rectitude he includes also the studies and the long hard work of rules, without sharply distinguishing «technical» from «ethical art». With Dante and Petrarca poetry definitively becomes one thing with love, and woman becomes the symbol of God's love; poetic inspiration derives from love fervour. This is the way followed until the XV century, when all Plato's texts are discovered and the new philosophical interest for the
interpretation offuror moves the debate on the theoric plane of rethoric and poetic.
Marsilio Ficino is the principle supporter ofenthousiasmos, which he knows very well thanks to platonic Ion and Fedrus. But all the Florence at the end of the century - Lorenzo de' Medici, Poliziano, Pico della Mirandola - is attracted by this esotheric and mysterious «breeze», and directs the taste to the one of the Plato's opera omnia translator. With them, furor is no more a hardly definable idea, as it was till there, and becomes firm but fossilized, translated in a set phrase with few shadings, as it will be in the poetic and rethoric treatises during the Renaissance: one pole of the originary dichotomy, the opposition between Plato and Aristotle. |
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