Abstract:
Lo studio della disabilità infantile si è occupato solo di rado della prospettiva delle famiglie dei bambini, che vedono la propria vita modificarsi in maniera talvolta radicale. Alcune testimonianze raccolte al Presidio Riabilitativo Villa Maria (Vigardolo, Monticello Conte Otto – Vicenza) costituiscono un punto di partenza per l’analisi di determinate forme di handicap dal punto di vista genitoriale. I percorsi terapeutici intrapresi dai bambini sono costellati di momenti chiave, ciascuno dei quali spinge la famiglia a porsi determinati interrogativi. La diagnosi, temuta o sperata che sia, rappresenta un momento etico unico nel suo genere, in grado di separare in modo netto il passato dal presente. Ad essa segue un lungo processo di adattamento alla disabilità del bambino, che pone la famiglia di fronte a una serie di sfide dirette, ovvero causate dalla disabilità stessa, e indirette; lo stigma sociale che spesso caratterizza le esperienze di disabilità può vestirsi di nuovi significati – in particolare nel caso delle famiglie straniere, per le quali la cittadinanza italiana può rappresentare un’arma di difesa. L’intero contesto è impregnato dalla continua ricerca di relazionalità: per i bambini, cui si cerca di insegnare come rapportarsi con gli altri, essa costituisce un elemento necessario al completamento del processo di ominazione; per i genitori, invece, il bisogno di relazionalità si deve alla solitudine derivante dallo stigma sociale. Tale bisogno viene espresso, in modo quasi paradossale, attraverso il silenzio. L’alleanza tra le famiglie e il personale sanitario, volta alla comprensione di un figlio che spesso si sente di non riconoscere, si innesta su un terreno interamente relazionale; questo comporta, nel prossimo futuro, l’adozione di nuovi metodi terapeutici in grado di assicurare ai genitori il supporto necessario.